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Manuale per la qualità dei siti Web pubblici culturali

   
 
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Reti di persone e reti tecnologiche per un Web culturale di qualità
Fedora Filippi


Comunicare l'un l'altro,
scambiarsi informazioni è natura;
tener conto delle informazioni
che ci vengono date è cultura.
Johann Wolfgang von Goethe

 

Le riflessioni che seguono originano da una competenza non specialistica nel campo del Web, ma dal punto di vista di un archeologo che ha avuto l’opportunità di aprirsi alla conoscenza e alle problematiche della “rete tecnologica”, ricercando con essa una possibile connessione.
La necessità di comprendere strumenti e linguaggi nuovi e la ricerca di punti di equilibrio tra ambiti differenti hanno costituito i cardini dell’esperienza del gruppo di lavoro italiano ed europeo espresso dal WP51 del Progetto MINERVA. A livello nazionale tale esperienza si è allargata a una rete, una “rete di persone” che ha partecipato al lavoro comune sul tema – tanto complesso quanto avvincente – della definizione della qualità del Web culturale, nella sua accezione più teorica, nella definizione del suo ruolo pubblico quale strumento sempre più centrale per la ricerca e l’educazione, oltre che negli aspetti applicativi e di realizzazione.
La nuova edizione italiana del Manuale costituisce infatti un’evoluzione della prima2, in quanto assorbe, elaborandola, l’esperienza di circa due anni di lavoro molto intenso e, inoltre, si aggiorna rispetto alle modificazioni legislative intervenute nel settore della comunicazione digitale3.
Si tratta dunque di un arricchimento che tuttavia mantiene fermo il modello di base assunto dal gruppo di lavoro ed espresso nell’incrocio fra tre elementi: la qualità dei contenuti (principi, raccomandazioni, obiettivi), la qualità del Web (architettura, accessibilità, usabilità) e le esigenze degli utenti4.
A questo punto del percorso si avverte l’esigenza, che appartiene alla nostra formazione di storici, di fissarne le tappe fondamentali per ragionare meglio su un’esperienza che è stata impegnativa, ma anche molto veloce e dinamica, presupposto necessario per trarre indicazioni sul lavoro futuro.

Diario di un percorso
Il primo documento del WP5 europeo, risalente al 20015, definiva le linee essenziali per un Web di qualità centrando l’attenzione sui criteri di usabilità, ma era ancora privo di un riferimento coordinato con “obiettivi” culturali. Al Workshop internazionale “La qualità dei siti web culturali”, tenuto a Roma il 17 ottobre 20026, il WP5 europeo avviò la discussione sui criteri di qualità, ritenendo necessario tener conto del punto di vista dell’utente. Furono proposte quattro categorie di criteri inerenti il contenuto, la navigazione, la visualizzazione grafica e i servizi offerti, riconoscendo nel contenuto un valore aggiunto al sistema. Da questo punto prese le mosse l’impegno diretto del gruppo di lavoro italiano che, nel dicembre 2002, produsse un primo documento di lavoro7 che sottoponeva alla discussione una serie di “principi” ritenuti fondamentali per un Web culturale di qualità. Si trattava di una prima stesura, che tuttavia già poneva al centro dell’attenzione la necessità di definire la qualità dei siti web culturali, non in modo a sé stante, ma in relazione al soggetto culturale, ponendosi alcune domande sul perché un istituto culturale dovrebbe dotarsi di un sito, a che scopo, per quale audience. Le prime risposte toccavano argomenti quali la diffusione della cultura quale valore aggiunto per la formazione europea, le relazioni nell’ambito delle comunità culturali, la diffusione della cultura attraverso strumenti coordinati di comunicazione. Accanto a questi temi il documento affrontava la discussione sull’identità del soggetto culturale in rapporto al Web e l’analisi delle potenzialità dello strumento tecnologico in rapporto alle istanze di ricerca, di divulgazione della ricerca e d’informazione, tutti argomenti che sarebbero stati meglio approfonditi in seguito.
Se la definizione di principi e raccomandazioni aveva permesso di entrare nel cuore del tema, superando l’empasse di un troppo forte ancoraggio all’ambito tecnico del Web e ai criteri di usabilità, fu tuttavia la richiesta, pervenuta proprio da un informatico del gruppo, di indicare quali fossero secondo noi gli “obiettivi” perché un sito web culturale fosse di qualità, a consentire un ulteriore passo in avanti: dovevamo concentrare l’attenzione sulla nostra realtà e provare a guardarla dal punto di vista del Web.
Per i membri del gruppo di lavoro appartenenti al corpo tecnico-scientifico dell’amministrazione dei beni culturali fu immediato richiamarsi a quei principi fondamentali di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio che costituiscono la missione propria della loro azione e, d’altra parte, riconoscere nello strumento tecnologico un nuovo e potente mezzo per la diffusione della conoscenza di tale patrimonio, diffusione che costituisce essa stessa mezzo per l’educazione e, in via indiretta, per la protezione dei beni culturali.
Da questo atteggiamento derivò la formulazione di 12 obiettivi con le loro enunciazioni e spiegazioni. I componenti del gruppo, ciascuno per i propri ambiti di competenza specialistica, proposero dei modelli di applicazione di ogni obiettivo alle 8 categorie culturali individuate8.
Le prime bozze di queste analisi furono divulgate via intranet ai componenti europei del gruppo a partire dalla primavera 2003, consentendo così l’avvio di un lavoro comune di osservazioni e modificazioni.
Nello stesso periodo entrarono nel gruppo italiano esperti del Ministero per l’innovazione e le nuove tecnologie9 e dell’Università Guido Carli - Luiss di Roma10 con i quali si avviò un confronto sulla qualità tecnica del Web in rapporto alle esigenze proprie del settore culturale. La richiesta che rivolgemmo loro fu di fornire uno strumento, a noi comprensibile, sulle qualità del Web non solo in via generale, ma anche con proposte operative. Questo aspetto dell’attività del gruppo di lavoro italiano assunse via via maggiore rilevanza in quanto venne a coincidere con l’elaborazione della cosiddetta Legge Stanca che verrà infatti emanata il 9 gennaio 200411, tanto che l’impatto provocato dalla nuova normativa incentrata, come è noto, soprattutto sulle problematiche dell’accessibilità, fu tale che dovemmo faticare per mantenere la barra su un punto di equilibrio tra qualità dei contenuti e dell’accesso. Alla fine di questo duplice processo il “Modello MINERVA per la qualità del Web” poteva dirsi compiuto e la prima versione europea del Manuale fu presentata in lingua inglese sotto forma di “documento aperto” alla Conferenza europea di Parma del novembre 200312.
L’esigenza di un coordinamento tra i paesi aderenti all’Unione Europea suggerì agli esperti europei la redazione di un documento essenziale, che enunciasse i Dieci principi per la qualità dei siti web culturali13.
Dunque dallo schema dei “principi” del Documento n. 1 del dicembre 2002, attraverso le analisi e gli approfondimenti del primo Draft Handbook, si approdava all’enunciazione dei “Principi di MINERVA”, che dovevano tener conto della vasta composizione culturale di tutti i paesi rappresentati e, soprattutto, dovevano costituire un messaggio efficace per ciascuno di essi da spendere nelle nazioni, che nel frattempo andavano ampliandosi a venticinque14, secondo un modello di comunicazione, va detto, di impronta anglosassone e nord europea.
Da questo punto prese l’avvio una nuova fase dell’attività del gruppo di lavoro che si espresse a livello nazionale, innanzi tutto con l’edizione italiana del Manuale nel marzo 2004 e con l’avvio di un’attività di diffusione e di dialogo con il mondo degli addetti al patrimonio culturale che ha costituito una grande occasione di confronto e approfondimento del lavoro svolto.
All’origine della necessità di elaborare un manuale italiano stavano almeno due esigenze: la prima, di carattere metodologico, spingeva il gruppo di lavoro italiano a dotarsi di uno strumento idoneo al programma di diffusione per creare una rete di condivisione del progetto, l’altra discendeva dall’opportunità di adeguare appieno i contenuti dell’Handbook alla realtà italiana che colloca l’amministrazione dei beni culturali in un ambito giuridico pubblico, derivante dal dettato dell’art. 9 della Costituzione che trova poche analogie nelle costituzioni europee e di tutto il mondo, là dove recita «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Come ha espresso il Presidente della Repubblica in un discorso del 200315 «La stessa connessione tra i due commi dell’articolo 9 è un tratto peculiare: sviluppo, ricerca, cultura, patrimonio formano un tutto inscindibile. Anche la tutela, dunque, deve essere concepita non in senso di passiva protezione, ma in senso attivo, e cioè in funzione della cultura dei cittadini, deve rendere questo patrimonio fruibile da tutti»16.
Possiamo dire che entro questi enunciati fondamentali, all’interno dei quali la linea d’azione dei nostri Uffici si è espressa nei diversi settori, nella convinzione del legame inscindibile tra conoscenza e tutela del patrimonio, va ricondotta in ultima analisi anche l’impostazione che il gruppo di lavoro ha inteso dare all’idea di un sito web culturale di qualità. Non solo mezzo di informazione, ma anche strumento di diffusione e di lavoro per la ricerca, la salvaguardia e la valorizzazione.
La concezione “pubblica” e “unitaria” del patrimonio culturale e della sua amministrazione, che trae le sue origini, come abbiamo visto, nel dettato fondamentale della Carta Costituzionale, differenziava la posizione italiana da quelle di altri paesi europei, in particolare anglosassoni, per cui il riferimento alla qualità “pubblica” dei siti web culturali non compare nella versione europea del manuale, ma ritorna nell’edizione italiana.
Il metodo di lavoro all’interno del gruppo italiano è stato, fin dall’inizio, incentrato sia su incontri periodici assai intensi e proficui, ma anche su una rete di relazioni pressoché quotidiane attraverso una lista di discussione interna al gruppo che ha permesso di accumulare documenti e di lavorare anche a distanza. Il privilegio dato, nel progredire dell’attività, alle relazioni e agli scambi tra i componenti, ha portato, in via naturale, a scegliere lo stesso modello per avviare l’azione di diffusione del lavoro svolto. I molti seminari tenuti nelle principali città italiane17 hanno incontrato una particolare attenzione che va spiegata nella   straordinaria coincidenza, in quel momento, di una pressante richiesta di indicazioni teoriche e concrete sul mondo del Web e delle sue applicazioni al settore del patrimonio culturale. Ciò che ci è stato riconosciuto da più parti è di aver parlato un linguaggio comune, derivante dalla stessa formazione di appartenenza, che ha permesso di entrare in sintonia pur trattando di un argomento estraneo al consueto. Va detto che i nostri interlocutori non sono stati solo soggetti culturali pubblici (statali, regionali e comunali), ma anche le università e il mondo privato. Nelle molte discussioni e nei dibattiti che si aprivano ogni volta al termine dei seminari, tutti contribuivano con esperienze proprie al di là delle singole provenienze consentendo al gruppo di lavoro di accumulare nuovi spunti e nuova esperienza.
Il gruppo di lavoro, grazie anche al supporto forte del Progetto MINERVA con l’estensione di MINERVA Plus ai paesi di nuova accessione, è diventato così un punto di riferimento, avviandosi la creazione di quella “rete di persone” stabilita sull’idea di appartenenza a una comunità intorno a un modello di qualità che poteva essere sperimentato insieme. L’attività dei “casi di studio”18 è stata fondamentale in tal senso e, crediamo, la sua documentazione può costituire parte significativa per la formazione della storia del Web culturale in Italia. Vi sono al suo interno tutte le difficoltà, le incertezze di affrontare una materia nuova, dovendo assumere, inoltre, un linguaggio formale e tecnologico, ben diversi da quelli abituali di un “mondo antico” di appartenenza e di formazione, che va tuttavia salvaguardato nelle sue tradizioni e identità fondamentali e trasmesso alla memoria del futuro.
Rispetto a questionari automatizzati e check list predefinite, abbiamo ritenuto – in una fase così immatura del rapporto tra settore dei beni culturali e Web – di privilegiare un rapporto diretto tra colleghi, talora anche molto faticoso, che crediamo abbia aperto la strada anche a un modo di lavorare in una rete di relazioni umane, aperta e interattiva, che ha costituito una palestra indiretta per comprendere le connessioni relazionali che costituiscono l’anima del Web19.
Il gruppo di lavoro ha chiesto, infatti, ai colleghi di sottoporre a verifica il Manuale offrendo da parte sua un’attività di assistenza e di monitoraggio. Né vanno dimenticati altri risultati come l’assunzione del Manuale quale riferimento nel Capitolato alla base dello Studio di fattibilità del Sistema archivistico nazionale (SAN) prodotto dalla Direzione generale degli archivi del MiBAC; nel progetto tecnico-scientifico del Portale della cultura italiana, redatto dalla Scuola normale superiore di Pisa per conto del MIBAC; in tutti i progetti degli istituti del Ministero che a vario titolo si occupano di applicazioni web. Inoltre il testo è stato adottato in Italia in diversi corsi universitari e post-universitari20, realtà che, riteniamo, abbia avuto una notevole rilevanza per la formazione di una comunità di utenti intorno al modello proposto.
In questa fase dell’attività, infatti, il WP5 Italia ha deciso di organizzarsi in Commissioni di studio che approfondissero alcuni temi che, anche dagli incontri che avvenivano, sembravano costituire argomento per il futuro: la prima Commissione21 ebbe l’incarico di lavorare a un prototipo per la realizzazione di un sito web culturale pubblico di qualità; la seconda Commissione22 di elaborare un “capitolato” per la realizzazione di un sito web per amministrazioni pubbliche e la terza Commissione23 fu investita del lavoro sul Web semantico e sulle ontologie. Nel luglio 2004 si è svolto a Roma il Seminario sulla “Rappresentazione della conoscenza nel semantic Web nel quale esperti dei diversi settori hanno ragionato sullo stato dell’arte in una materia tanto complessa quanto importante nell’applicazione al patrimonio culturale24.
A dicembre 200425 è stato presentato “Museo & Web”, prototipo di sito web per un museo di piccole e medie dimensioni26. Si tratta di un’opera originale che ha tradotto i contenuti del Manuale, arricchendoli di tanti esempi e di una parte ragionata sugli strumenti di progettazione di un sito web, in un sito che si fa esso stesso esempio. Alla sua base è anche l’intento di fornire uno strumento pratico di progettazione che possa mettere in condizione piccole e medie istituzioni di progettare e realizzare direttamente un sito di qualità, attuando – per lo meno in parte – l’idea che la rete tecnologica dovrà sempre di più entrare nel quotidiano del nostro operare, non diversamente da quanto oggi rappresentano per noi telefoni e computer. Sono in corso nuove applicazioni del prototipo, sia rispetto ad altre categorie di soggetti culturali pubblici, sia nel rapporto tra patrimonio culturale e scuola in seguito alla firma di una convenzione di cooperazione tra il MiBAC, il Progetto MINERVA e il MIUR27. La recente presentazione del Prototipo nella Conferenza di Berlino del Progetto MINERVA Plus ha incontrato il vivo interesse da parte di molti paesi presenti28.

Domande e riflessioni sul futuro
L’attività fin qui svolta ha posto le basi perché il Web entrasse a far parte del nostro ciclo produttivo, sebbene ancora a livelli diversi di approfondimento e di coinvolgimento. Abbiamo tuttavia superato quegli aspetti di estraneità, di disagio e di incertezza che caratterizzavano l’avvio del processo di apprendimento, così come erano stati evidenziati nell’introduzione alla prima edizione del Manuale, in bilico tra modelli di siti web vetrina e l’esigenza di determinare un nuovo modello di qualità proprio ai contenuti e all’identità culturali dei nostri istituti.
Condividiamo oggi alcuni cardini fondamentali per una concezione originale del Web culturale pubblico, quali i concetti della responsabilità e della trasparenza nell’azione di informazione, di educazione, di divulgazione della conoscenza del patrimonio culturale. Abbiamo avviato la riflessione su questioni complesse quali il problema dell’adeguamento non solo linguistico e terminologico, ma anche della struttura della comunicazione, tanto più difficili nel nostro ambito culturale, così radicalmente codificato da un’antica tradizione di ricerca scientifica. Ma sappiamo che in questi aspetti si gioca molto della nostra capacità di elaborazione e di trasmissione del sapere.
Se il problema del cosiddetto digital divide, tra coloro che sono in grado di accedere al Web e coloro che ne sono esclusi, è da tempo al centro della riflessione, gli osservatori hanno oggi denunciato il rischio concreto che tale gap assuma la connotazione, ancora più preoccupante, di un vero e proprio cultural divide. E si deve dire che l’Italia non è esente da questi problemi a causa di un marcato ritardo anche rispetto ai paesi dell’Unione Europea.
È evidente il ruolo fondamentale che l’Amministrazione dei beni culturali, anche attraverso i propri istituti, considerandone il forte radicamento nelle realtà territoriali, può giocare in questa grande partita che coinvolge la stessa democrazia del sistema della comunicazione. Esempio significativo, tutt’ora sostanzialmente isolato, di una struttura web dinamica tra centro e periferia è rappresentato dal Portale degli archivi, fin dal 1997 costruito su base distribuita con l’offerta di spazi e template agli istituti territoriali29.
Un altro tema, in qualche modo legato al precedente, è quello che si sviluppa intorno alla capacità di mantenere, anche nel Web, l’espressione della propria identità culturale pur lavorando per l’adozione di un linguaggio condiviso. Paradigma che riflette specularmente quello, propriamente europeo, del rispetto delle diversità nell’unità o dell’“unità delle diversità”30. Argomento certamente complesso se collegato a quello della globalizzazione del sistema, anche – o forse soprattutto – sul piano culturale31. Considerando la grande forza dello strumento tecnologico e l’azione di deriva in un tutto indistinto che esso produrrebbe in assenza di un attento “governo”, è necessario assumere cognizione esatta di come collocare la propria posizione al suo interno, pur riconoscendo l’enorme occasione di partecipare a quello che è stato definito il sistema dell’intelligenza collettiva, o del sapere condiviso. Emerge, a mio avviso distintamente, l’impressione che il nostro agire non può più sottrarsi al confronto – e alla relazione – con le altre componenti di una realtà nota sempre più vasta, nella quale è possibile riconoscere nuove risorse.
È evidente che non possiamo più limitare il ruolo di un sito web pubblico culturale a strumento di informazione per la divulgazione e la valorizzazione del patrimonio, compito di per sé già grande, ma è necessario riflettere sull’opportunità che ci è offerta in quanto strumento per la ricerca e per la diffusione della produzione scientifica e delle risorse digitali. Argomento spinoso e molto dibattuto, ma crediamo centrale per la diffusione della cultura e dell’esperienza, che può toccare anch’esso le corde dello sviluppo democratico della conoscenza.
Nella Conferenza di Berlino del 7-8 aprile 2005 “Quality of Cultural Websites. How to ensure and evaluate”, gli esperti europei hanno concordato sull’esigenza di pensare al Web culturale come al risultato di obiettivi precisi, comunicativi e per la creazione di spazi di ricerca condivisi32.
Se, attraverso i dodici obiettivi che ci siamo dati, abbiamo definito la base essenziale per i nostri contenuti e per la loro presentazione nel Web, rimane aperto il problema della diffusione o meglio della “pubblicazione” in Internet sia dei risultati scientifici dell’attività di ricerca sia dei documenti iconografici bibliografici e archivistici – le risorse culturali e digitali. Si tratta di effettuare un importante passo avanti nell’utilizzazione delle enormi potenzialità del Web, che tuttavia nel nostro settore è ancora molto limitato. Diverse e interessanti esperienze sono in atto, ma ancora disorganiche e molto frammentarie, perché deve modificarsi una concezione fortemente radicata nella nostra formazione culturale, che lega il concetto della pubblicazione, in un’accezione più vasta del possesso del sapere, alla carta stampata. Una sostanziale diffidenza per la pubblicazione online ci conduce al paradosso di preferire di essere letti da poche centinaia di persone, appartenenti al “nostro mondo” scientifico, piuttosto che divulgare i risultati conseguiti “a tutto il mondo”.
Il flusso della conoscenza, alla radice di ogni processo di ricerca, passa dall’esperienza individuale a patrimonio di una collettività. La procedura tradizionale di una ricerca fondata sull’analisi di nuovi elementi, di conoscenza e critica degli studi acquisiti, rimane la stessa anche se effettuata attraverso la nuova tecnologia.
Nella ricerca tradizionale il flusso dell’apprendimento è segnato da attività talora lentissime e spesso costose, quali catalogazioni, ricerche bibliografiche, con risultati spesso incompleti o insoddisfacenti. L’impiego del Web è caratterizzato da una restrizione dei tempi, dal fatto di essere senza luogo in tutti i luoghi, ma anche da una enorme dilatazione delle opportunità di connettersi con reti di persone che condividono lo stesso interesse. Devono essere queste persone a definire le proprie esigenze culturali e scientifiche, determinando un sistema utile.
Dobbiamo valutare il fatto che, soprattutto in Italia, l’amministrazione dei beni culturali detiene la documentazione (e la conoscenza) di gran parte del patrimonio, in forma diretta e indiretta, ed è anche “produttore” di beni culturali attraverso la propria attività di identificazione, in termini tecnici “di dichiarazione di interesse”, di ricerca scientifica originale connessa alle nuove scoperte e ai restauri. Si tratta di un’immensa massa di dati e di documentazione pubblica, che in quanto tale va organizzata e resa disponibile.
Siamo di fronte al duplice aspetto dello stesso tema: da una parte la creazione di un sistema organico di documentazione online (le fonti materiali), dall’altra la definizione di un codice condiviso per la pubblicazione online delle ricerche. Due poli che, correlati tra loro, potrebbero rendere pienamente effettiva la rete telematica del patrimonio culturale.
Immaginiamo un sistema che sappia armonizzare organicità funzionale e valorizzazione delle risorse specifiche, delle tante peculiarità e identità di cui si compone il patrimonio culturale. Dunque un elemento centrale, indispensabile per garantire l’interoperabilità, ma anche l’economicità della gestione, quale strumento di un sistema per aggregazione di tante specificità alle quali sia garantita l’autonomia progettuale, oltre che la scelta delle connessioni tematiche nella rete. I singoli soggetti culturali troverebbero incentivazione a esprimere specificità storica e ricchezza di contenuti, a salvaguardia e valorizzazione della propria identità.
Si tratta di un modello, forse più complesso da realizzare rispetto a un progetto centralistico, che tuttavia, in quanto radicato nella quotidianità delle attività, sarebbe garantito da una forte condivisione partecipata e che consentirebbe nel tempo l’effettivo assorbimento dello strumento tecnologico.
In un sistema integrato è possibile stabilire quelle relazioni tra ambiti culturali diversi – si pensi ad esempio ai possibili rapporti tra archivi, biblioteche, musei o alle connessioni tra settori archeologici, architettonici e archivistici nel comune denominatore territoriale33 –, che nell’agire quotidiano esprimono spesso difficoltà al dialogo. Le reti telematiche produrrebbero così un effetto di trascinamento nella realizzazione di reti di persone con effetti positivi, non solo per la conoscenza, ma anche per le attività istituzionali di gestione del patrimonio.
Il secondo punto riguarda il tema delle pubblicazioni digitali. All’esterno dell’ambito della conservazione culturale, il dibattito è molto più avanzato e se da un lato si sta affermando la proposta che tutta la comunità scientifica adotti l’immissione nella rete, o in reti specializzate di settore, degli elaborati nella stesura del preprint superando così anche gli handicap legati ai costi e alle lentezze degli studi su riviste cartacee34, dall’altro si sta riconoscendo la necessità di un accesso aperto dei saperi scientifici su archivi liberi35. A questo proposito è importante segnalare il recente impegno della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) a favore della diffusione delle pubblicazioni Open Access secondo i criteri della Dichiarazione di Berlino36.
Tra le cause del ritardo del settore dei beni culturali dobbiamo inserire anche la particolare specificità di un ambito nel quale la documentazione iconografica, sia essa fotografica o grafica, è spesso parte essenziale di una ricerca. Dobbiamo dunque concentrare la nostra attenzione sui caratteri di una specificità che comporta l’individuazione di soluzioni proprie.
Da una parte si pone evidente il problema dell’adeguamento delle norme sui diritti d’autore e sulla divulgazione delle immagini del patrimonio culturale alla nuova realtà determinata dall’affermazione di Internet37, ma dall’altra non possiamo più ignorare il fatto che i grandi mutamenti già avvenuti nella comunicazione e nell’accesso al sapere in termini generali e a livello della divulgazione culturale stanno producendo una profonda modificazione anche nel campo della ricerca e della produzione scientifica, nel quale il nostro settore è direttamente coinvolto. Per comprendere quanto il fenomeno sia travolgente vale la pena di accennare a iniziative come quella del consorzio internazionale Creative Commons che agisce in seno al diritto d’autore per il quale oggi “tutti i diritti sono riservati”, proponendo una scelta da parte dell’autore in base alla quale solo alcuni diritti sono riservati38 o alla recente proposta di legge che trae il suo fondamento dall’idea che «ciò che è finanziato con fondi pubblici deve essere di dominio pubblico». All’interno di questi parametri dobbiamo trovare la giusta collocazione e possiamo discutere priorità, modi e obiettivi, ma certamente il tema qui solo accennato non potrà essere eluso ancora a lungo.
A conclusione di queste riflessioni, che non hanno la pretesa di essere esaustive, ma che vorrebbero sollecitare il dibattito all’interno della nostra comunità, dobbiamo renderci conto che, se – come credo – in questi anni abbiamo percorso un’esperienza molto formativa imparando a progettare il Web secondo le nostre esigenze, nuove sollecitazioni si affacciano, secondo quella caratteristica di velocità che connota l’innovazione tecnologica in questo periodo storico. Ciò che ci conforta è la consapevolezza di disporre oggi di una rete di persone cui riferirsi nel percorso che ci attende.

Questo contributo è stato possibile grazie al lavoro del WP5 Italia, che si compone di tante persone ciascuna apportatrice di esperienza. Alcune di queste, Pierluigi Feliciati, Maria Teresa Natale, Oreste Signore, Maurizio Vittoria, Mario Didomenicantonio, Marzia Piccininno, Sara Di Giorgio, hanno dedicato molto del loro sapere e del loro tempo, ben al di là di quanto l’impegno richiedesse, con continuità e intelligenza. A loro va il mio grazie riconoscente.


1] Per l’attività del WP5 “Identification of user needs, contents and quality criteria for cultural Web applications”: <http://www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/userneeds.htm>.

2] La prima edizione italiana del Manuale per la qualità dei siti web pubblici culturali, a cura di F. Filippi, Roma: Ministero per i beni e le attività culturali – Progetto MINERVA, 2004 è stata diffusa in 3000 copie a stampa ed è stata scaricata dal Web nella versione PDF 18.000 volte: <http://www.minervaeurope.org/pubblications/qualitycriteria-i.htm>.

3] Cap. 2, p. 37.

4] Si veda in particolare l’introduzione al Cap. 3, p. 53.

5]The Brussels Quality Framework, 11 dicembre 2001, <http://www.cfwb.be/qualite-Bruxelles/pg001.asp>

6]L’incontro avvenne nell’ambito di Bibliocom 2002, <http://www.minervaeurope.org/events/bibliocom02.htm>.

7] Documento italiano n. 1, dicembre 2002

8] Cap. 3, p. 53. In particolare alla stesura di questa parte hanno lavorato archivisti, bibliotecari, archeologi, storici dell’arte, architetti.

9] I nuovi membri sono Antonio De Vanna e Mario Didomenicantonio.

10] Oleg Missicoff e Andrea Vituzzi.

11] Legge 9 gennaio 2004, n. 4 Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici (cfr. infra, p. 243) che seguiva la Direttiva 19 dicembre 2003 Sviluppo ed utilizzazione dei programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni.

12] Per la Conferenza di Parma si rinvia a <http://www.minervaeurope.org/events/parma/parmaprogramme.htm>; per la versione europea del manuale, in lingua inglese, denominata Handbook for quality in cultural Web sites: improving quality for citizens, Version 1.2 – Draft, November 2003, ed. by MINERVA Working Group 5, si veda <http://www.minervaeurope.org/publications/qualitycriteria.htm>.

13] Cfr. <http://www.minervaeurope.org/userneeds/qualityprinciples.htm>.

14] Già alla Conferenza di Parma erano presenti, per la prima volta in seno al Progetto MINERVA, i rappresentanti dei Paesi di nuova accessione e inoltre, alcuni osservatori extra europei, quali il Canada, Israele e Russia.

15] <http://www.quirinale.it/discorsi/discorso.asp?id=22144>.

16] Ugualmente non estranea alle problematiche che qui stiamo trattando appare poi la parte del discorso nel quale il Capo dello Stato afferma «La doverosa economicità della gestione dei beni culturali, la sua efficienza, non sono l’obiettivo della promozione della cultura, ma un mezzo utile per la loro conservazione e diffusione. Lo ha detto chiaramente la Corte Costituzionale in una sentenza del 1986, quando ha indicato la ‘primarietà del valore estetico-culturale che non può essere subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici’ e anzi indica che la stessa economia si deve ispirare alla cultura, come sigillo della sua italianità. La promozione della conoscenza, la tutela del patrimonio artistico non sono dunque una attività ‘fra altre’ per la Repubblica, ma una delle sue missioni più proprie, pubblica e inalienabile per dettato costituzionale e per volontà di una identità millenaria».

17] <http://www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/userneeds/eventindex.htm>.

18] Cfr. p. 133.

19] <http://www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/userneeds/questionario.htm>.

20] Cfr. infra contributo di P. Feliciati.

21] Coordinatore Maria Teresa Natale, membri Sara Di Giorgio, Andrea Tempera, Mario Didomenicantonio.

22] Coordinatore Pierluigi Feliciati.

23] Coordinatore Oreste Signore.

24] <http://www.w3c.it/events/minerva20040706/>. Inoltre cfr. infra il contributo di Oreste Signore.

25] Seminario di presentazione, “Museo & Web: Kit di progettazione di un sito di qualità per un museo medio-piccolo”, Roma, Chiesa di Santa Marta, 16 dicembre 2004, <http://www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/userneeds/events/semwp5_041216.htm>.

26] Cfr. infra, il contributo di Sara Di Giorgio, Maria Teresa Natale, Andrea Tempera.

27] Protocollo d’intesa MIUR e MIBAC relativo all’applicazione delle tecnologie ICT per l’Istruzione e la Cultura, firmato il 16 dicembre 2004, <http://www.istruzione.it/mpi/progettoscuola/allegati/protocolli/mibac.pdf>.

28] <http://www.minervaeurope.org/events/berliln05040708.htm>.

29] <http://www.archivi.beniculturali.it/>. P. Feliciati, L’amministrazione archivistica italiana sul Web: storia di un portale culturale pubblico, «Archivi & computer», 12 (2002), n. 3. p. 20-33.

30] Concetto ampiamente dibattuto in sede europea e assorbito nell’art. 128, comma 1 del Trattato di Maastrict (1992): «La Comunità contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune».

31] Sulle questioni legate alla nuova definizione dell’identità, nei suoi aspetti diversi, politica, culturale, etnica, ma anche a proposito dell’identità-puzzle nel mondo globalizzato, piace qui riferirsi a Z. Bauman, Intervista sull’identità, a cura di B. Vecchi, Roma-Bari, 2003.

32] A questo proposito si rinvia ad alcuni interventi presentati in questa conferenza: G. Maier, http://www.digital-heritage.de a German information portal in preparation, <http://www.minervaeurope.org/events/maier050407.ppt>, S. Rohde-Enslin, Report from NESTOR, <http://www.minervaeurope.org/events/rhode050407.ppt>, F. Rehder, Musumsportal and Digicult: an interdisciplinary project of museums in Northern Germany, <http://www.minervaeurope.org/events/rehder050407.ppt>.

33] Si rinvia anche per la bibliografia di riferimento all’articolo di M. Santoro, Pubblicazioni cartacee e pubblicazioni digitali: quale futuro per la comunicazione scientifica?, «Memoria e ricerca. Rivista di storia contemporanea», 2001, n. 8, p. 207-218, <http://www.racine.ra.it/oriani/memoriaericerca/15.htm>.

34] Non è questa la sede per entrare nella discussione della peer review e delle sue modalità in rete, per le quali si rinvia nuovamente al citato articolo di Santoro.

35] Si veda S. Cialdi – S. Minguzzi – M. Missana, L’accesso e la distribuzione dei saperi scientifici, <http://newbrainframes.org/journal/art.php?id=730>.

36]Dichiarazione di Berlino per l'Accesso aperto alla letteratura scientifica, <http://www.zim.mpg.de/openaccess-berlin/BerlinDeclaration_it.pdf>.

37] Cfr. infra il contributo di Giuliana De Francesco.

38] <http://www.creativecommons.it/>.



   
 
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