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Manuale per la qualità dei siti Web pubblici culturali

   
 
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Frammenti di storia dell'evoluzione del Web: un aggiornamento
Giancarlo Buzzanca


Circoscriviamo il dominio di ricerca ai siti web culturali pubblici dedicati alla conservazione e definiamo meglio le condizioni della ricerca: l’ipotesi è quella che si possa ricostruire, rintracciando pionieri, documenti, testimonianze e testimoni, le prime fasi storiche del settore del Web indirizzato in generale alle humanities e in particolare alla conservazione. Occorre in ogni caso un minimo di introduzione generale.
Forse è inutile ripetere, in questa sede, che Internet e Web non sono sinonimi1. Nel linguaggio comune si tende a sovrapporre i due termini anche perché oggi il Web (assieme alla posta elettronica) rappresenta il servizio Internet preponderante.
La nascita di Internet2 (la rete delle reti) viene universalmente e concordemente fissata al 29 ottobre 1969, giorno in cui fu sperimentata con successo la prima comunicazione in remoto tra computer appartenenti a due istituti universitari: la Stanford University (San Francisco) e l’UCLA (Los Angeles)3. Internet, in realtà, è un figlio legittimo della guerra fredda e dell’incontro tra esigenze di sicurezza (dal punto di vista militare) e delle ricerche in elettronica e telecomunicazioni condotte da un gruppo di istituzioni universitarie statunitensi.
Come velocemente chiarito nella prima edizione del Manuale la messa a punto di strumenti ipertestuali (il vero e proprio inizio del Web, così come oggi lo conosciamo) avviene molti anni dopo anche se l’esplicitazione della metodologia si fa risalire a un articolo pubblicato nel 1954 da Vannevar Bush4 dal titolo As we may think5.
L’invenzione del Web (che è la capacità di coniugare un protocollo di trasmissione, un linguaggio di programmazione asciutto ed essenziale e l’ipertestualità) si fa risalire al 1989, per la precisione al mese di marzo quando Tim Berners Lee6 del CERN di Ginevra riuscì a incarnare l’esigenza ormai fatta propria dall’intera comunità scientifica di un sistema di gestione dell’informazione che fosse adatto alla messa in comune di un esteso patrimonio di relazioni, documenti (espressi nei più svariati media) e in genere di letteratura grigia.
Information management: a proposal7, la proposta che Tim Berners Lee formulò è introdotta da queste parole: «This proposal concerns the management of general information about accelerators and experiments at CERN. It discusses the problems of loss of information about complex evolving systems and derives a solution based on a distributed hypertext system».
Berners-Lee si giova immediatamente del contributo di Robert Cailliau8 che, oltre a raffinare e definire tecnicamente la proposta, si incarica di gestire le relazioni pubbliche del gruppo di ricerca: presentare le relazioni ai responsabili, individuare canali di finanziamento e tutto ciò che occorreva per far maturare e consolidare (in particolare nell’opinione dei responsabili del CERN)9 un progetto ritenuto vago anche se percepito immediatamente come interessante.
Tra la proposta del 1989 e l’inizio dell’affermazione del Web (in termini di effettiva applicabilità, e incremento in progressione geometrica di utenze) passano quattro anni allorquando è messa a punto un’interfaccia grafica capace di rappresentare a video efficacemente ipertestualità e ipermedialità, che erano i caratteri contraddistintivi del Web10.
Nel mese d’aprile del 1993 il National Center for Supercomputing Applications (NCSA)11 presso l’University of Illinois rilasciò, grazie all’opera dell’allora studente ventenne Marc Andreessen la prima versione del browser Mosaic12 dall’interfaccia decisamente user-friendly. Il browser diviene immediatamente una killer application: grazie a questo browser, distribuito liberamente, nel giro di pochi mesi i server e le istituzioni presenti in linea si moltiplicano. Al momento del rilascio del browser sono 200 i Web server presenti nel mondo; erano 50 alla fine del 199213.
È difficile ricostruire con esattezza la successione degli avvenimenti succedutisi a cavallo tra il 1993 e il 199414.
La storia quotidiana del Web mostra, difatti, una «ostinata rimozione. Prendiamo il caso di una qualsiasi pagina web citata in un qualsiasi articolo. […] Non è inusuale verificare che, a distanza di pochi anni, talvolta a distanza di pochi mesi, alla richiesta di connessione a quella stessa pagina venga restituito il classico, quanto frustrante, messaggio ‘impossibile visualizzare la pagina’o ‘pagina non trovata. Errore 404’»15.

World’s First International WWW Conference
L’anno di vero lancio del Web è il 1994, primo anno di vita di Mosaic. La World’s First International WWW Conference16 si tenne al CERN di Ginevra nel mese di maggio. L’organizzazione della Conferenza era curata da Robert Cailliau. Documentazione e dati riguardanti la prima conferenza sono nascosti tra le pagine web del CERN e del W3C. Nascoste, ma tuttora presenti e rintracciabili.
La conferenza è organizzata in undici workshop17 e prevede 49 relazioni. Il pubblico è costituito da poco meno di 400 tra users e sviluppatori e tra questi 18 italiani in rappresentanza di alcune istituzioni scientifiche oltre all’isolata presenza di uno studioso proveniente dal settore umanistico18.
La Conferenza segna decisamente il passaggio dalla fase pionieristica all’esposizione sui grandi media. La seconda conferenza19 – questa volta sono ben 1300 i partecipanti e 200 le relazioni – si tenne nel mese di ottobre, negli Stati Uniti, grazie all’organizzazione del NCSA e dell’appena fondata International WWW Conference Committee (IW3C2).Uno tra i 30 temi della conferenza fu dedicato ai musei. Sin dal primo momento la comunicazione relativa a temi artistici è ritenuta uno dei temi peculiari del Web. Sicuramente uno dei più gratificanti e di maggiore impatto verso il pubblico.

Le grandi organizzazioni internazionali (Iccrom, Icom, Icomos e Getty Trust)
La prima istituzione “conservativa” attiva nel Web è l’ICOMOS20 (International Council on Monuments and Sites): la registrazione del dominio icomos.org risale al mese di maggio del 1993 e la presenza nel Web diviene operativa solo l’anno successivo. L’iniziativa di una presenza in Internet dell’istituzione nasce all’interno del International Committee for Architectural Photogrammetry durante “Computers in Conservation symposium” che si tenne a Quebec City nell’estate del 199221.
Chi si fa carico di tutti gli aspetti tecnici è Gordow Dewis, coadiuvato da Peter Stott. Da allora ad oggi il gruppo canadese è quello che cura la gestione e lo sviluppo del sito. Questa la descrizione che Dewis stesso fornisce del processo di assestamento della presenza in Internet e poi nel Web: «In 1994, a gopher server was established by myself and Peter Stott on a UNIX server in at Health and Welfare Canada (now Health Canada). This was a successful experiment which handled approximately 30000 connections in the first nine months.
Very soon after the gopher was set up, the first ICOMOS webserver was set up on the same computer. This allowed us much more flexibility than the gopher and was immediately successful. The fall of 1995 saw ICOMOS Canada purchase a dedicated computer […] The gopher and web servers were transferred to this machine, which was named cormier.icomos.org»22.
Il gruppo di tecnici web dell’ICOMOS si propone, presto, anche come promotore della presenza delle altre istituzioni internazionali nel Web. È questo il caso dell’ICCROM (International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property). Alcune informazioni relative all’annuncio di corsi vennero collocate all’interno del Web server dell’ICOMOS Canada <http://www.icomos.org/ iccrom/> indirizzo a cui è presente, a tutt’oggi, un redirect verso il sito ICCROM.
La registrazione del dominio iccrom.org risale all’inizio del 199623 anche se per alcuni mesi il dominio viene attivato su un server utilizzato esclusivamente per la gestione alla posta elettronica.
Inizialmente la presenza nel Web dell’ICCROM veniva così motivata24:

  • fornire informazioni sull’istituzione, le sue finalità e le sue attività;
  • pubblicare una lista completa e continuamente aggiornata di conferenze e seminari nel campo della conservazione;
  • consentire l’accesso ad un database sui corsi e le occasioni di training per restauratori.

Ma, ovviamente non erano solo questi gli obiettivi che si proponeva l’ICCROM. Sin da allora la responsabile del Data Management predispose (e realizzò dopo poco) l’accesso diretto al database bibliografico della Library25 dell’ICCROM, una delle maggiori al mondo nel campo del restauro e della conservazione. I database Conferences e Training sono attivi sin dai primi mesi di funzionamento del sito, seguiti da quello della Library. I database interrogabili senza spese per l’utente hanno costituito uno dei punti di forza della presenza dell’ICCROM nel Web.
Infatti, a partire dal 1987 era stato assicurato l’accesso ai record del database bibliografico, a pagamento e inizialmente off line, attraverso il BCIN (Bibliographic database of the Conservation Information Network). Il BCIN era una rete accesso a diversi database bibliografici che comprendeva il Getty Conservation Institute e l’ICCROM per includere successivamente alcune tra le principali istituzioni attive nel campo della conservazione26.
Nel Web spicca, poi, la presenza degli istituti di ricerca del Getty Trust di Los Angeles. Nel gruppo dei primi siti pubblicati (non solo nel mondo della conservazione…) occorre, infatti, includere anche il sito web del Getty AHIP (Getty Art and History Program).
Il primo sito web del Getty fu immesso online nel 1993 ed era inizialmente ritenuto dagli stessi sviluppatori poco più che un esperimento per capire meglio e testare le potenzialità dell’accessibilità online di informazioni storico-artistiche estratte da un database. L’intento dichiarato era quello di stimolare la costruzione di una comunità di conservatori, così come di ricercatori, esperti e studenti attraverso la creazione di un sito che fosse graficamente interessante, che contenesse contenuti validi e utilizzabili, che cambiasse continuamente per adeguarsi alle esigenze degli utenti. Grazie a una chiara organizzazione delle informazioni il sito web del Getty poteva offrire accesso a una notevole varietà di database, tutti fruibili liberamente (senza oneri) dall’utente esterno27.
Non sembrano esistere copie delle prime elaborazioni e delle prime versioni ufficiali del sito: «I believe there might be some old backups at the Getty, but I am not sure. In the early years we were more interested in understanding and developing technologies then in writing papers, so I do not believe there are any published papers about this early time»28.
Grazie alla lista di discussione dell’ICOM dedicata ai musei abbiamo la fortuna di poter disporre di alcune notizie relative all’esistenza di alcuni siti web. «But it was amongst university museums and those with access to the university networks that the real interchange of museum data began to develop, although mainly within the recognised academic disciplines. By 1993 museums had started to place collection-based and other information on the Internet. […] Museums and their collections played an important part as a test-bed in the development of web technology and in its early applications»29.
Le informazioni risalgono al 1996 quando Geoffrey Lewis, moderatore della lista e presidente dell’ICOM, chiese ai partecipanti alla lista informazioni concernenti le prime presenze nel Web dei musei e delle istituzioni a questi connesse. La quantità d’informazioni ricavabile da questo strumento non è poca e consente di tracciare un abbozzo di timeline, anche se non fornisce ulteriori e dettagliate informazioni sulle singole istituzioni. È testimoniata la presenza ma, come abbiamo già visto, non è possibile ricostruire l’aspetto grafico e l’interfaccia dei siti menzionati.
Fa eccezione il WebMuseum30, uno dei siti premiati nel “Best of Web ‘94 award” per “Best Use of Multiple Media”, del quale ancora esiste (a indirizzo diverso) la copia integrale del sito e 11 mirror su server locati in diverse nazioni. La visione del sito (di non particolare qualità, secondo i canoni e lo sviluppo tecnologico attuale) è consigliata per avere una idea precisa di quali fossero, dieci anni fa, le regole “stilistiche” adottate per progettare siti web.

La situazione in Italia
Se la diffusione del browser Netscape è del 1993, passò ancora del tempo prima che le potenzialità del Web venissero interamente e universalmente intuite.
Alla fine del 1994 risale un booklet31 di Agorà Telematica, uno dei primi provider italiani privati, e, all’interno della pubblicazione, nella descrizione dei servizi forniti per gli utenti di Internet (gopher, ftp, archie ecc.) non si fa riferimento alcuno al Web. Di pochi mesi dopo è il libello32 di Marco d’Auria che si prefigge lo scopo di spiegare a cosa serva Internet e quali siano le modalità per la connessione. Nel volume possiamo leggere «nessuno dubita che il detonatore della vera e propria esplosione della rete dell’ultimo paio d’anni sia stata proprio la ‘ragnatela’»33.

a) Virtual Campus, Università di Roma
La prima presenza nel Web delle istituzioni universitarie è, senza timore di smentita, quella del progetto “Virtual Campus34” dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e uno dei primi cinquanta siti ufficialmente registrati al mondo. La pubblicazione del sito avvenne alla fine del 1993. «L’obiettivo fondamentale […] è ovviamente quello di costituire una sorta d’organismo centrale di coordinamento dell’informazione prodotta da ciascun organismo interno alla Sapienza, curando in particolare il rispetto per alcune linee guida sia dal punto di vista della funzionalità che da quello dell’immagine».
Stefano Lariccia, che del sito ne fu autore e gestore, collaborava alle dipendenze di Giovanni Cicciotti, docente presso la Facoltà di Fisica dell’Università La Sapienza, al fine della creazione di un Polo SBN (Sistema Bibliotecario Nazionale) all’interno dell’università romana con l’obiettivo di “confederare” le 173 biblioteche dell’ateneo in un unico sistema “cooperativo”: Il laboratorio di informatica, (LIDS) presso la Facoltà di Lettere, formatosi a partire dall’esperienza del SBN, aveva cominciato già a partire dal 1990 ad accumulare esperienze specifiche nel campo delle reti e della informazione documentale telematica. Non si può dimenticare che presso l’Università La Sapienza già dal 1992 era attivo il Consorzio interuniversitario per le applicazioni di supercalcolo per università e ricerca (CASPUR) che svolse subito anche funzione di server per l’intera città universitaria.

b) CriBeCu
Pisa è, assieme a Roma e Milano, uno dei poli in cui, a cavallo tra il 1954 e il 1955, si svilupparono i primi germogli dell’informatica italiana35 attraverso la costituzione, a opera della università, del Centro studi calcolatrici elettroniche e l’inizio del progetto Calcolatrice elettronica pisana (CEP). In questo panorama rientra anche la costituzione del Laboratorio ricerche elettroniche dell’Olivetti, la nascita del CNUCE (Centro nazionale universitario di calcolo elettronico) e la successiva formazione di un istituto di linguistica computazionale autonomo. È in questo ambiente, particolarmente attento all’adozione dell’informatica per i suoi aspetti progettuali (più che applicativi), legata alle discipline della informazione e dell’area umanistica che nasce, nel 1980, il Centro di elaborazione automatica di dati e documenti storico-artistici, che ha assunto la denominazione CRIBeCu (Centro ricerche informatiche per i beni culturali) all’inizio degli anni Novanta. Il centro si caratterizza per un un’intensa ricerca nel campo dell’archivistica, della catalogazione lessicale e delle applicazioni all’archeologia dell’informatica.
Non è un caso che il CRIBeCu sia tra le prime istituzioni a interessarsi alle potenzialità del Web. Michele Gianni, realizzatore del sito web dell’istituzione, è colui che si incarica della diffusione e della promozione del Web. «Lo scopo di questo intervento – così introduce il Gianni il primo articolo pubblicato dal Bollettino del CRIBeCu sulle risorse informatiche disponibili on-line – è quindi quello di far conoscere ad un pubblico prevalentemente composto da umanisti alcune caratteristiche della più grande rete di calcolatori attualmente attiva nel mondo e nota col nome di ‘internet’nonché i servizi che sono accessibili per suo tramite. [….]  Attualmente la WWW si sta arricchendo a un ritmo giornaliero di nuovi contributi. Un’esperienza sempre più interessante è quella dei musei virtuali, vere e proprie visite guidate a esposizioni di dipinti, collezioni di manoscritti, oggetti d’arte, reperti archeologici ecc. in cui l’utente può muoversi nei vari locali in cui il museo si articola, vedere i pezzi esposti e leggere le didascalie e le spiegazioni a corredo, il tutto senza muoversi dalla propria scrivania»36.
In questo articolo, che si indirizza alla comunità degli “umanisti”, al Web si accenna, in realtà, in una ventina di righe.
Abbiamo visto come l’aspetto di comunicazione museale sia stato, sin dall’inizio, ritenuto una delle esperienze che meglio di altre potevano incarnare l’essenza multimediale del Web.
Dopo l’avvenuta l’esplosione del Web (in termini quantitativi), viene pubblicato nel numero del secondo semestre del 1994, un nuovo e più maturo, articolo dal titolo Html: un linguaggio standard per sistemi ipermediali37. Questa volta il contenuto è più tecnico e mira a chiarire quali siano standard, linguaggi e convenzioni.
L’articolo si conclude con una sitografia in cui vengono indicati 40 riferimenti. Tra questi solo 3 risultano ancora attivi38, altri 3 moved, 6 restituiscono la pagina 404 e dei rimanenti 28 non c’è alcuna traccia.

c) Ministero per i beni e le attività culturali
Le prime presenze di istituzioni appartenenti all’area del Ministero risalgono al 1997-1998 e sono per lo più riconducibili all’ambiente degli archivisti e dei bibliotecari, salvo la significativa eccezione del sito della Soprintendenza ai beni ambientali ed architettonici del Piemonte che risulta responsabile della prima presenza (marzo 1995) nel Web del dominio “beniculturali.it”. Il piccolo sito della Soprintendenza, sviluppato in linguaggio HTML, messo online da Marcello Di Gioia e che conteneva pagine informative sulle residenze sabaude e musei del Piemonte venne rapidamente ampliato, rispetto alla sua prima versione, per descrivere le attività della Soprintendenza e fornire indicazioni di servizio (orari, referenti, ecc.) e venne da subito concepito come parte di un sistema integrato cui si sarebbero dovute inserire le altre istituzioni statali presenti nella regione Piemonte.
La pionieristica presenza fu subito valorizzata dall’amministrazione centrale che chiese di inserire, all’interno del sito, anche pagine relative all’ICCD (Istituto centrale per il catalogo e la documentazione).
Il dominio “beniculturali.it” fu in seguito raccolto in gestione direttamente dal Ministero39. Il primo sito del Ministero fu pensato per rispondere all’esigenza di individuare un efficace strumento di comunicazione delle iniziative del Ministero verso i giornalisti della stampa sia italiana che estera, già allora abituati, per il diverso sviluppo della rete in alcuni paesi europei e nel Nordamerica, a consultare il Web come strumento e veicolo privilegiato per lo scambio delle informazioni.
Il lancio della “raccolta delle informazioni” avviene alla fine del mese di ottobre 1996 attraverso un form “Calendario delle mostre” (cartaceo), inviato a tutti gli uffici del Ministero40.
Il piccolo gruppo che si assunse il ruolo della gestione sia dei contenuti sia dell’aspetto tecnico (pagine e connettività) era composto da due tecnici nei ruoli dell’amministrazione mentre Cecilia Mastrantonio41 ne era la coordinatrice.
Le pagine allora elaborate erano statiche e puntavano a rendere disponibili informazioni generali (caratteristiche essenziali dell’esposizione, indirizzi, orari, prezzi ecc.) del gran numero di musei e istituzioni dipendenti dal Ministero. In breve tempo, difatti, fu messo a punto un database interrogabile via Web, che conteneva le informazioni sui luoghi della cultura e sulle iniziative in corso. Questo database (insieme coordinato di database) ha subito numerose modifiche nel tempo ma costituisce tuttora il cuore del sistema del MiBAC.
Lo studio “Progetto Internet” elaborato dall’URSIA nel giugno 199742 inquadrava correttamente caratteristiche, funzioni e servizi che sarebbero stati implementari nel sito. Una su tutte: «Il sito MBCA su Internet dovrebbe diventare il principale punto di accesso alle informazioni sui Beni Culturali in Italia»43.
La qualità (e l’esaustività) dell’informazione fornita all’utente viene assunta come valore-guida per la realizzazione della struttura del sito: corollario di questa sono l’aggiornamento delle informazioni presentate, la trasparenza istituzionale e (mai attivata) la certificazione dei siti internet italiani e stranieri che offrono informazioni sui beni culturali italiani.
Il progetto Internet elenca alcune funzionalità irrinunciabili nella realizzazione del sito:

  • l’essere multilingue;
  • l’essere costantemente aggiornato;
  • possedere un sistema di help on-line;
  • attivare una comunicazione con l’utenza di tipo bidirezionale (mail, help, forum);
  • mantenere una impostazione grafica omogenea per l’intero sito;
  • monitorare statisticamente l’utenza al fine di valutare qualità e quantità delle informazioni e dei servizi offerti.

Sin d’allora l’amministrazione centrale si propose come server unico per i siti degli Uffici centrali e periferici dell’amministrazione. La connettività era garantita dal CASPUR presso il quale era alloggiato il server del MiBAC.
Il sito pubblico è ufficialmente inaugurato il 7 maggio 1997 in occasione del Forum P.A. 9744. Le prime versioni del sito non sono (al momento) rintracciabili. Una precisa idea del sito è ricostruibile attraverso la WaybackMachine45 che, però comincia a monitorare, registrare e indicizzare il sito MiBAC solo all’inizio del 199846.
Lo studio menzionato considerava necessaria la realizzazione di cento pagine statiche per un insieme di base di servizi. Che sul sito web si concentrassero enormi aspettative è testimoniato anche dalla previsione contenuta nello studio che, a proposito della necessità di disporre di un’adeguata banda per la connessione Internet, ipotizzava: «Una stima a priori non è agevole, ma si può ipotizzare di partire con qualche centinaio di accessi al giorno per raggiungere, in seguito valori assai elevati (e.g. circa un milione di hits al mese, con circa 16 mila utenti individuali nello stesso periodo, che è un valore registrato per siti di ampio interesse generale»47. Il dato sembra notevolmente sovrastimato se valutiamo che questa stima, riferita su base annua, significava sei milioni di utenti unici.

d) Archivi
Un originale contributo sulla presenza (e i servizi offerti) nel Web della Direzione generale degli archivi e dell’amministrazione archivistica periferica è stato recentemente pubblicato da Pierluigi Feliciati48.
L’attivazione del sito <http://archivi.beniculturali.it> venne comunicata dall’Ufficio centrale per i beni archivistici ad Archivi di Stato e Soprintendenze archivistiche con la circolare n. 106 dell’aprile 199749. Quella degli Archivi è la prima struttura centrale del Ministero a dotarsi, consapevolmente, di questo strumento.
Il fatto che fossero già attivi alcuni siti dell’area degli archivi50 quando venne lanciato il sito del Ministero assicurò l’indipendenza del sito Archivi dalle iniziative messe in atto, nei mesi successivi, dall’URSIA del Ministero.
Per popolare il sito Archivi nella primavera del 1997 il Nucleo di coordinamento per l’informatica si impegnò «ad inserire i dati relativi al patrimonio documentario conservato o tutelato da alcuni Istituti anche al fine di sperimentare modelli di presentazione e ricerca che rendano il sito Internet dell’amministrazione archivistica un efficace strumento per la soddisfazione delle esigenze informative degli utenti». La stessa struttura centrale si mise a disposizione di coloro che intendevano partecipare al progetto triennale, offrendo da una parte consulenza e sostegno tecnico per il collegamento in rete e dall’altra una capacità di verifica della «qualità delle informazioni e (del)le modalità di redazione delle pagine da rendere immediatamente disponibili in rete sul server» di Archivi51.
Con queste premesse metodologiche, questi obiettivi e queste risorse venne dunque inaugurato il sito52 che già nell’inverno 1997-98 fu sottoposto a un primo aggiornamento mirato a rendere efficienti i servizi di database.

e) Istituto centrale per il restauro
Tra i primi siti specificamente puntati alla conservazione a essere pubblicati nel Web si segnala, nel settembre 1998, quello dell’Istituto centrale per il restauro nato, con poche pagine e con grafica davvero spartana, a iniziativa di Michele Cordaro, storico d’arte sensibile e attento agli strumenti della comunicazione. Il sito dell’ICR <http://www.icr.beniculturali.it/> come il sito degli Archivi <http://www.archivi.beniculturali.it/> hanno reinserito on line, a scopo dimostrativo, le prime due versioni dei rispettivi siti risalenti al 1997 per gli Archivi ed al 1998 per l’ICR. L’iniziativa ha un valore simbolico e invita a riflettere sul tema dell’archiviazione del Web.

Conclusioni
La storia del Web è composta da frammenti. Berners Lee e Cailliau hanno tentato usando materiale originale (perché vissuto in prima persona) una descrizione dell’ambiente di nascita del Web che gravita intorno al CERN di Ginevra. Nel Web stesso esiste una buona bibliografia sul Web che però ha il difetto di essere, in ultima analisi, completamente circolare, ovvero riconducibile con moderate varianti ai principali testi di riferimento. La storia è quindi fortemente ridondante e spesso priva di punti di vista “nuovi”.
Per quanto riguarda il Web umanistico/conservativo (ammettendo che sia possibile distinguere questo settore nell’ambito del Web) manca un processo di sistematizzazione delle proprie radici anche perché quasi del tutto mancano notizie di base e le prime elaborazioni spesso sono state affidate a tecnici provenienti da altre aree e a quelle ritornate. Pochissimi sono coloro che nascono e si sviluppano principalmente in area “culturale”. E ancor meno coloro che si sono tirati fuori dal ruolo di cacciavitari che spesso fa identificare, nel sentire comune, il tecnico del digitale col riparatore del computer.
Si può rilevare, comunque, come sia all’estero che in Italia, le prime sperimentazioni siano tutte state elaborate in strutture di ricerca indipendentemente dall’essere di natura pubblica o privata e siano state tutte puntate sullo scambio e la messa in comune di letteratura grigia. L’aspetto di servizio e di comunicazione verso l’esterno viene privilegiato da alcuni enti pubblici come è il caso del MiBAC.
Allo stato attuale si corre il rischio di vedere tramutato l’intero Web in un’enorme vetrina pubblicitaria autocentrata dove il valore del link compie un passo indietro rispetto all’affermazione della propria specificità commerciale o di identità. È una sorta di contrappasso che ha visto all’inizio un Web-design piuttosto carente e poco sviluppato mentre ora animazioni grafiche rutilanti e filmati negano, nella pratica, il concetto di ipertestualità non vincolata a favore di una lettura guidata (di tipo pubblicitario) da parte del gestore del sito.


1] <http://en.wikipedia.org/wiki/History_of_the_Internet>. La stessa pagina in italiano è <http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Internet>.

2] Una descrizione della storia di Internet e del Web si trova in Fabio Ciotti, La storia di Internet in: Marco Calvo, Gino Roncaglia, Fabio Ciotti, Marco A. Zela, Internet 2004, Roma-Bari: Laterza, 2003, p. 480-497.

3]Le due università rappresentano rispettivamente una grande iniziativa privata con finalità “pubbliche” la prima e una delle principali università statali la seconda. Il comunicato stampa che preannuncia la realizzazione della rete è visibile all’url <http://www.lk.cs.ucla.edu/LK/Bib/REPORT/press.html>. Per inciso, l’UCLA rivendica la primogenitura dell’invenzione di Internet attribuendo a Robert Kahn e Vinton Cerf il ruolo di “padri” di Internet. Un’ultima battuta non può essere omessa sul carattere californiano di Internet, per cui il termine surfing the net, assume un involontario sapore ironico.

4] All’epoca consigliere del Presidente USA F.D. Roosevelt e già coordinatore del progetto Los Alamos, relativo alla costruzione della bomba atomica statunitense. Curiosamente questo particolare è omesso in quasi tutte le “storie del Web” consultate.

5] Vannevar Bush, As we may think, «Atlantic monthly», 176/1, July 1945 p. 101-108, <http://www.vissing.dk/Internet.History/ihistlist.html>, <http://www.theatlantic.com/unbound/flashbks/computer/bushf.htm>.

6] 138.000 risultati restituiti digitando “Tim Berners Lee” nel motore di ricerca Google nel febbraio 2004 e 357.000 nel febbraio 2005. 12.200 sono i risultati della ricerca sulle pagine in lingua italiana.

7] <http://www.w3.org/History/1989/proposal.html>.

8] 7370 risultati restituiti digitando “Robert Cailliau” nel motore di ricerca Google nel febbraio 2004 e 19.300 del gennaio 2005.

9] Sia Berners Lee sia Cailliau hanno scritto, il primo nel 1999 e il secondo nel 2000, un libro per raccontare la genesi del Web. Il libro di Berners-Lee ripercorre le tappe che l’hanno portato all’invenzione del Web ma concentra l’attenzione sulle motivazioni che hanno portato alla fondazione del World Wide Web Consortium e all’impegno in direzione dello sviluppo del Web semantico. Cailliau ricostruisce, con maggiore attenzione al dettaglio e alla cronaca, la storia degli anni di sviluppo del Web utilizzando materiali per lo più inediti. T. Berbers Lee, L’architettura del nuovo Web, Milano: Feltrinelli, 2001; R. Cailliau – J. Gillies, Com’è nato il Web, Milano: Baldini & Castoldi, 2002.

10] Alcune informazioni su NeXT, il primo browser messo a punto da Berners Lee si trovano in: Curiosità: Il primo browser web, Roberto Scano, sabato 4 gennaio 2003. <http://www.webaccessibile.org/argomenti/documento.asp?DocID=214>.

11] <http://www.ncsa.uiuc.edu/>.

12] Marc Andreessen, Getting started with NCSA Mosaic, Software Development Group, National Center dor Supercomputing Applications, Champaing IL, May 8 1993. Marc Andreessen, NCSA Mosaic technical summary, Software Development Group, National Center dor Supercomputing Applications, Champaing IL, May 8 1993. Il browser venne rapidamente adattato a tutti i sistemi operativi allora diffusi e questo, tra l’altro, spiega il suo immediato successo.

13] «All of the documents coded with HTML elements were stored on one main computer at CERN. This special type of computer was called a “web server” (by the physicists at CERN) because it “served-up” batches of cross-linked HTML documents. There was only one Web server located at CERN, but by the end of 1992 there were over 50 Web servers in the world. Many of these earliest Web servers were located at universities or other research centers. These servers were using line-mode interfaces. By June 1999 there were more than 720,000 public information servers. In April of 2001 there were over 24 million servers» <http://www.netcraft.co.uk/survey/>. Tratto da <http://www.hitmill.com/internet/web_history.asp> (verifica 18 gennaio 2005)

14] È abbastanza raro trovare studiosi che lavorino, con rigore e metodologia scientificamente validi, sulla storia del Web (e/o di Internet). Eppure. se digitiamo “Web history” utilizzando il motore di ricerca Google abbiamo restituiti 28.000 risultati nel febbraio 2004 e 79.600 nel gennaio 2005.

15] Giancarlo Buzzanca, Odio la storia (frammenti di archeologia del Web), «Kermes», 50 aprile-giugno 2003.

16] <http://www94.web.cern.ch/WWW94/>. La Conferenza venne descritta da molti come la “Woodstock of the Web”, anche per la sua eco sui media. È possibile vedere anche le slides che Tim Berners Lee presentò: <http://www.w3.org/Talks/WWW94Tim/>.

17] <http://cui.unige.ch/WWW94/Workshops/workshop.list.html>.

18] Stefano Lariccia, del Dipartimento di Studi storici della Facoltà di Lettere dell’Università degli studi di Roma La Sapienza, è l’animatore del Virtual Campus che verrà successivamente descritto.

19] <http://archive.ncsa.uiuc.edu/SDG/IT94/IT94Info-old.html>.

20] Quest’attribuzione è riportata nelle pagine personali di Françoise LeBlanc nel sito ICOMOS. Oggi LeBlanc è responsabile del Field Projects del Getty Conservation Institute, <http://www.icomos.org/~fleblanc/projects/p_com_internet.html>.

21] Gli atti sono stati pubblicati nell’«APT Bulletin», Special Issue Computer in Conservation, 26 (1994). Parteciparono, tra gli altri, Robin Letellier, Steve Nickerson e Peter Waldhäusl, tutti apprezzati esperti nelle applicazioni delle tecnologie informatiche nel campo dei beni culturali.

22] <http://cormier.icomos.org/>, URL tuttora attiva.

23] 21 febbraio 1996.

24] ICCROM, Newsletter 22. Il lancio del sito <http://www.iccrom.org> avvenne alla fine di maggio del 1997. Il fornitore di connettività è McLink (Roma). Responsabile del Data Management è Monica Garcia Robles che si é occupata, sin dall’inizio, della gestione e sviluppo del Web.

25] Il database bibliografico dell’ICCROM è una delle risorse maggiormente apprezzate dalla comunità dei restauratori.

26] «BCIN was first initiated by the Getty Conservation Institute and ICCROM. It was launched in 1987 as a subscription database, available through the Canadian Heritage Information Network (CHIN). In May 2002, BCIN was made available free of charge on the CIN Web site, hosted by CHIN. The database interface, re-designed in 2002, includes both a simple and advanced search, and the ability to refine searches, among other features», <http://www.bcin.ca/English/bcin.html>.

27] <http://www.mit.edu/people/davis/LongSum.html>. Tra i database consultabili si segnalano l’Art and Architecture Thesaurus, l’Union List of Artist Names, il Thesaurus of Geographic Names, Categories for the Description of Works of Art, Census of Art and Architecture Known to the Renaissance, la Guide to the Description of Architectural Drawings, oltre che la Bibliography of the History of Art, il Provenance Index, e l’Avery Index of Architectural Periodicals.

28] E-mail del giorno 15 febbraio 2003, inviata da Marty Harris a Giancarlo Buzzanca, Subject: Re: The Getty AHIP website.

29] I post della lista sono conservati a <http://home.ease.lsoft.com/archives/museum-l.html>.

30] <http://www.ibiblio.org/wm/>. Nel sito di MediaMente, trasmissione della RAI, è possibile leggere un articolo di M. Alberigo, Musei on line e musei virtuali, <http://www.mediamente.rai.it/home/tv2rete/mm9899/99041216/n990413.htm>, in cui si colloca questo sito come punto di partenza dei musei online.

31] Internet. Come navigare nella più grande rete telematica del mondo, Roma: Agorà Telematica, 1996, p. 64.

32] Internet: istruzioni per l’uso, a cura di Marco D’Auria, allegato al n. 21 di «Avvenimenti», 1995, con la collaborazione della Città Invisibile e di PeaceLink

33] Ivi, p. 26.

34] Stefano Lariccia, L’arte di interconnettere i luoghi d’arte, <http://www.bta.it/txt/a0/00/bta00086.html>.

35] Corrado Bonfanti, Mezzo secolo di futuro: l’informatica italiana compie cinquant’anni, «Mondo digitale», n. 3, settembre 2004, p. 48-68.

36] Michele Gianni, Umanisti nel ciberspazio, «Bollettino d’informazioni, Centro per le ricerche informatiche per i beni culturali», 3 (1993), n. 2, p. 21-36. La data dell’effettiva stesura dell’articolo non è ricostruibile.

37] Michele Gianni, Html: un linguaggio standard per sistemi ipermediali, ivi, 4 (1994), n. 2, p. 81-99.

38] Verifica eseguita il 19 febbraio 2003 e ripetuta il 6 gennaio 2005. Interessanti anche alcune osservazioni che, leggendo e “vedendo” l’articolo, è possibile formulare: nell’articolo appare l’originale indirizzo del server <http://ux4sns.sns.it> che risulta tuttora attivo, nelle immagini delle schermate che riportano link è possibile verificare la presenza dell’IUAV.

39] Il dominio viene attivato il 18 dicembre 1996 e comunicato agli Uffici del Ministero con Circolare n. 24 del 7 gennaio 1997, oggetto “Sito Internet MBAC”.

40] Curioso è notare come l’account e-mail utilizzato per le comunicazioni fosse stato attivato presso un’importante agenzia di stampa <beniculturali@email.telpress.it>, non disponendo il Ministero di un dominio Internet proprio.

41] Capo Ufficio Stampa del Ministro Veltroni.

42] Il progetto viene trasmesso ai rappresentanti del Comitato di redazione nazionale e del Comitato tecnico con lettera del 29 maggio 1997, prot. 153U, oggetto: Internet MBA – Trasmissione progetto Internet Beni ulturali. Il progetto è costituito da 21 pagine.

43] Ivi, p. 3.

44] il Forum P.A. si tenne a Roma dal 6 al 10 maggio 1997.

45] È possibile «Browse through 30 billion web pages archived from 1996 to a few months ago». La prima registrazione del sito del MiBAC risale al 25 gennaio 1998 <http://web.archive.org/collections/web/advanced.html>.

46] Il primo screen shot risale, difatti, al 25 gennaio 1998. Nello screen shot appare, in fondo alla home page, il numero di visitatori del sito, calcolati a partire dal primo giorno di funzionamento. Questo consente di valutare in poco più di 50 il numero medio di visitatori unici giornalieri nel primo anno di vita del sito.

47]Ufficio del Responsabile per i sistemi informativi automatizzati, Progetto Internet, senza data ma maggio 1997.

48] Pierluigi Feliciati, L’amministrazione archivistica italiana sul Web: storia di un portale culturale pubblico, «Archivi & computer», 12 (2002), n. 3, p. 20-33. Le notizie contenute in questo capitolo sono tutte estratte dall’articolo citato.

49]La circ. 106(6) del 22 aprile 1997, redatta dal Nucleo di Coordinamento per l’informatica dell’Ufficio centrale per i beni archivistici aveva come oggetto: “Attivazione del sito Internet dell’Amministrazione archivistica. Seminari di formazione specialistica”. Tutte le direttive del NCI citate, sono attualmente consultabili all’indirizzo <http://archivi.beniculturali.it/servizioIV/informatica.tml>.

50] Erano infatti disponibili i siti dell’Archivio di Stato di Torino (dal dicembre 1996), di Cosenza e di Latina (1997); l’Archivio di Firenze registrò il suo dominio archiviodistato.firenze.it alla fine del 1997. Il Ministero per i beni culturali attivò le prime pagine il 7 maggio di quello stesso anno, ma sviluppò un sito più articolato solo dal 1998. Si tenga conto che la stessa AIPA, presente sul Web dalla fine di dicembre 1996, offrì pagine statiche informative molto sintetiche fino alle ristrutturazioni della fine del 1997 e della fine del 1998.

51] Circolare 106/97 cit., p. 2.

52] Il sito era amministrato allora con l’ausilio di uno specialista esterno all’amministrazione, Roberto D’Autilia, che operava comunque a stretto contatto con lo staff dell’Ufficio centrale. Il server era ospitato dal CASPUR (Centro di supercalcolo dell'Università di Roma La Sapienza).



   
 
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