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Manuale per la qualità dei siti Web pubblici culturali

   
 
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Note a margine dell'aggiornamento del repertorio Norme nazionali ed europee sul Web pubblico
Chiara De Vecchis


In occasione della seconda edizione del Manuale, il sito del Progetto MINERVA accoglie una versione aggiornata del repertorio normativo sulle applicazioni web a livello europeo e dei singoli Stati membri dell’Unione1. Si è scelto di non riproporlo qui per esteso, in conformità alla sua natura di work in progress pensato per seguire gli sviluppi di un panorama in continua evoluzione, la cui pubblicazione su carta non sarebbe che la fotografia statica di un dato momento.
D’altra parte, a conclusione di un’esperienza di messa a punto e sperimentazione di criteri e metodologie per la realizzazione di applicazioni web culturali pubbliche di qualità, esperienza che ha calato in una dimensione applicativa le riflessioni e le enunciazioni di principio che della qualità costituiscono il punto di partenza, può essere utile tornare a “tastare il polso” alla situazione normativa che contestualizza e regola, appunto, l’applicazione pratica del metodo.
L’argomento, dunque, è forse ellittico rispetto al nucleo del progetto che il gruppo di lavoro ha portato avanti; ma è anche, in qualche modo, preliminare, così come l’informazione diffusa sugli indirizzi e le politiche in atto a livello europeo e dei singoli Stati membri è preliminare all’adozione di criteri qualitativi uniformi e condivisi per il Web, in vista del raggiungimento di una piattaforma comune nell’ambito delle politiche di valorizzazione dei beni culturali.
Il dinamismo dello scenario internazionale si riflette anche nell’esigenza di allestimento di nuovi strumenti repertoriali delle iniziative adottate, in aggiunta e ad integrazione di quelli, istituzionali e non, già presenti in Internet e che avevano rappresentato il punto di partenza della nostra rassegna. Per restare solo in ambito italiano, ricordiamo almeno:

  • il sito sull’accessibilità allestito da uno dei gruppi di lavoro della Segreteria tecnico-scientifica della Commissione interministeriale permanente per l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a favore delle categorie deboli o svantaggiate costituita presso il CNIPA, nel quale una sezione è dedicata alle Normative2;
  • le pagine web del Ministero per l’innovazione e le tecnologie, che riportano norme prevalentemente in ambito italiano ed europeo, citando i portali e le risorse delle singole nazioni dell’Unione Europea solo nella sezione relativa all’e-government3;
  • la pagina del sito della Presidenza del Consiglio dedicata alle risorse online sull’accessibilità dei siti web, con link a guide, articoli, documenti su siti istituzionali del mondo4;
  • infine, la sezione Normative ed iniziative sul sito Webaccessibile.org, che però, oltre a riportare solo i principali documenti comunitari e italiani, e solo in materia di accessibilità, al momento presenta stadi diversi di aggiornamento nelle varie sottosezioni5.

Quello che emerge da tutti questi contributi, nonché dalle ulteriori ricerche condotte per aggiornare il Manuale, è un panorama normativo piuttosto frastagliato, in cui tuttora – con alcune importanti eccezioni – scarseggiano le leggi statali mirate all’area specifica del Web pubblico. Piuttosto, la regolazione è stata finora per lo più affidata a disposizioni dotate di forza diversamente vincolante (circolari, direttive, linee guida ecc.): il che induce a tentare qualche riflessione più generale.
Ad un primo sguardo, proprio i paesi che più sono stati all’avanguardia nella promozione attiva delle tematiche connesse all’accessibilità appaiono privi di leggi statali esclusivamente dedicate alle applicazioni web, avendo inserito con tempestività in disposizioni di più ampio respiro (ad esempio, sulla comunicazione e sulle pari opportunità in Germania, o contro la discriminazione dei disabili nel Regno Unito)6 alcuni articoli che sono stati il fondamento dei successivi sviluppi di fatto della materia, e avendo poi prodotto un insieme di strategie, progetti, protocolli d’intesa tra associazioni e organizzazioni di varia natura, azioni ministeriali di supporto per l’adeguamento a norme e standard tecnici ecc., quasi a delineare una proporzionalità inversa tra proliferazione normativa specifica strictu sensu e diffusione effettiva di pratiche. Una via speculare invece è quella intrapresa, ad esempio, dalla Francia, dove da una situazione regolata da direttive e circolari si è passati a una legge, sempre nel quadro della tutela delle disabilità7: lo stesso quadro, del resto, in cui si sono mosse le risoluzioni ministeriali portoghesi, la legge spagnola del 2003, e in Italia la Legge Stanca del 20048. Altre nazioni hanno affidato a norme di natura legislativa o costituzionale una generica tutela dei diritti dei cittadini nella Società dell’informazione (come la Grecia, che nel 2001 ha modificato in tal senso la Costituzione); altre ancora, nel nord Europa, si muovono con programmi e strategie di vario genere, in maniera più o meno autonoma, nell’ambito delle iniziative eEurope.
È insomma evidente quanto sia arduo e insidioso cercare di delineare un quadro omogeneo (nonostante la pervasività del piano d’azione eEurope) anche solo nell’ambito dell’Unione Europea, peraltro nel momento in cui ne hanno varcato la soglia, dal 1° maggio 2004, dieci nuovi membri, per i quali il dibattito su queste tematiche non può ancora dirsi maturo.
Per certi versi, una comune visione delle problematiche in questione è stata sensibilizzata dall’Anno europeo per i disabili 2003, che ha dato forte impulso e visibilità alla regolamentazione dell’accessibilità rispetto agli altri aspetti che ineriscono alla qualità del Web, tanto da farla considerare come «la chiave che aprirà le porte alla Società dell’informazione»9. In effetti, se si pensa all’accessibilità come a un concetto fortemente inclusivo che riguarda non solo i disabili ma tutte le “vittime” del digital divide, e più in generale i princìpi stessi della democraticità dell’informazione, la sua rilevanza è ancora più notevole. Ma non conviene dimenticare che ancora nel 2003, in una rilevazione su scala mondiale, l’accessibilità risultava l’ultima caratteristica, in termini di diffusione, tra quelle giudicate rilevanti nei siti Internet governativi10: un dato che può permettere di interpretare il proliferare di norme al riguardo come un tentativo di colmare le lacune esistenti.
D’altra parte, dovrebbero essere oggetto di valutazione caso per caso le modalità, la coerenza e i risultati con cui le norme sul Web intanto intervenute si richiamano ai princìpi di quelle sulla disabilità in genere.
Inoltre, le difformità del quadro normativo derivano anche da motivi formali e in parte indipendenti dal merito delle varie disposizioni. Ad esempio, non solo il tipo di efficacia normativa della disciplina non è sovrapponibile tout-court tra una nazione e l’altra, ma pure la scelta della tipologia normativa è legata a motivazioni di ordine (oltre che giuridico) sociale e culturale, dipendenti dalle singole realtà. Non è forse un caso che ricorrano allo strumento della legge per lo più gli Stati con una forte tradizione centralista (come la Francia, il cui decentramento è comunque “pilotato”) o che si faccia sentire l’apporto della legislazione locale lì dove sono più diffuse le autonomie (come nella Spagna dalle forti identità regionali, in Italia almeno dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, o in Belgio, il cui federalismo si basa su solide connotazioni etnico-linguistiche).
Ancora, un elemento in più da considerare nel valutare le diverse scelte sulle modalità di regolamentazione del Web è il fatto che Internet ha impatto su diverse branche del diritto: per fare solo alcuni esempi, sul diritto amministrativo per l’accesso informatizzato a dati delle pubbliche amministrazioni, sul diritto penale per la tutela dei minori, sul diritto civile per le questioni di privacy, sull’ordinamento tributario per l’e-commerce, e così via.
La combinazione di tutti questi fattori sembrerebbe motivare anche un altro fenomeno: l’emergere del ruolo di istituzioni (commissioni di studio, fondazioni, associazioni per i disabili, e altri soggetti pubblici e privati) diverse da quelle titolari di potere legislativo, quali promotrici di progetti capillarmente diffusi. Si assiste in alcuni casi, complice la relativa novità della materia, a una regolamentazione che parte da soggetti differenziati, viene elaborata poi a livello sopranazionale e infine viene recepita dalle singole norme nazionali. L’esempio più illustre è proprio in uno dei dieci punti principali del piano d’azione eEurope 2002, che prevede per le istituzioni europee e gli Stati membri l’approvazione degli orientamenti del WAI per la progettazione di siti e contenuti accessibili11.
Sorge allora un’ipotesi, tutta da esplorare: il fenomeno potrebbe essere inquadrato in quella che a livello sociologico è stata definita “fuga” da un diritto statale lento e ipertrofico, fuga che si manifesta all’interno degli ordinamenti statali stessi attraverso l’affermarsi di procedimenti diversi da quelli tradizionali. Già nel 1998 Tito Ballarino si chiedeva «se il collegamento che Internet crea tra persone di tutto il mondo, in una dimensione internazionale, non costituisca la materia di un ordinamento di tipo nuovo sovrastante i vari ordinamenti nazionali», dal quale uscirebbe modificato il ruolo stesso dello Stato12. L’intervento giuridico inteso a inquadrare un progresso tecnico, infatti, non è mai neutro o “altro” rispetto ad esso; dipende invece, oltre che dalla tradizione su cui si innesta, anche dalla diffusione, dall’utilizzo e dalle caratteristiche stesse del mezzo tecnologico cui si riferisce. Di qui una suggestione, che potrebbe essere anche una conclusione provvisoria: se già in passato, per altre rivoluzioni tecnologiche (dai viaggi nel cosmo alle telecomunicazioni), la controllabilità tecnica e le caratteristiche di alcune innovazioni influirono, rimodellandoli, su determinati concetti giuridici, che a loro volta ne condizionarono i successivi sviluppi, oggi forse alcuni tratti peculiari di Internet quali l’interattività, la reticolarità, la contemporaneità, la virtualità potrebbero modificare - se non sta già succedendo - gli stessi processi decisionali in questo ambito.

In un simile quadro di complessità e criticità, la fine del 2005 dovrebbe rappresentare un momento di svolta. L’adeguamento dei siti delle pubbliche amministrazioni alle linee guida WAI, inizialmente previsto dal piano eEurope 2002 entro il 2001, e poi slittato appunto al 2005, investe diversi Stati già solo in Europa; ma lo stesso obiettivo si sono posti anche Paesi di altri continenti.
A livello di progetti in corso, ad esempio - sempre in ambito europeo e con il coinvolgimento anche dell’Italia - sta prendendo piede EIAO, l’European Internet Accessibility Observatory nato a settembre 2004 su iniziativa del norvegese Agder University College di Grimstadt, per creare, nel giro di tre anni, un nuovo strumento di verifica dell’accessibilità dei siti, richiamandosi alle finalità espresse nei piani d’azione eEurope13.
Ed è proprio sui meccanismi di verifica dell’accessibilità, e dunque su questioni di validazione, certificazione e sanzione, che si sta appuntando il dibattito più recente, sollecitato in ambito italiano dall’approvazione del regolamento di attuazione della Legge Stanca da parte del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 2005 (regolamento firmato il 1° marzo dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 3 maggio 2005), e dal Decreto Ministeriale che stabilisce i Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilità agli strumenti informatici, nonché le metodologie tecniche per la verifica dell’accessibilità dei siti Internet e i programmi di valutazione assistita utilizzabili a tal fine, firmato dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie l’11 luglio e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 183 dell’8 agosto 2005. Recependo le direttive europee e le normative internazionalmente riconosciute, si porta l’attenzione, tra l’altro, sulle modalità di verifica («tecnica» e «soggettiva») dell’accessibilità, sui meccanismi di qualificazione (rilascio di un «logo» attestante il possesso dei requisiti) e di controllo nei confronti dei soggetti sia pubblici che privati a fini di verifica del mantenimento dei requisiti stessi.
Le questioni della certificazione di Internet, tradizionalmente legate a un utilizzo commerciale del mezzo telematico e successivamente approdate a un orizzonte di più ampio respiro grazie al crescente numero di soggetti pubblici erogatori di servizi culturali, trovano ora, nella crescente sensibilizzazione alle tematiche dell’accessibilità, un nuovo campo di applicazione. Quale che sia l’esito dei processi in corso, sembra ormai acquisita la consapevolezza che le tecnologie per la cultura possono procedere di pari passo con la diffusione di una cultura tecnologica, in una proficua osmosi che riporta ad affiancarsi tipi di “saperi” tradizionalmente separati.

Post scriptum
Mentre questo Manuale stava per andare in stampa il Viceministro per i beni e le attività culturali, On. Antonio Martuscello, ha emanato in data 9 novembre 2005, la Direttiva recante linee guida per il piano di comunicazione coordinata dei siti web afferenti al Ministero per i beni e le attività culturali per la loro accessibilità e qualità, elaborata dal Dipartimento per la ricerca, l'innovazione e l'organizzazione, Direzione generale per l'innovazione tecnologica e la promozione, pubblicata con lettera circolare 20 dicembre 2005, n. 120 (vedi Appendice 4).


1] Il repertorio è consultabile agli indirizzi Internet <http://www.minervaeurope.org/publications/qualitycriteria-i/indice0402/appendicequattro0402.htm>, versione in lingua inglese <http://www.minervaeurope.org/publications/qualitycriteria1_2draft/appendix4.htm>. La prima edizione a stampa (Directory of national rules on web applications) è apparsa nell’Handbook for quality in cultural web sites: improving quality for citizens, version 1.2 Draft, ed. by the MINERVA Working Group 5, 6th November 2003; poi, col titolo Norme nazionali ed europee sul Web pubblico, in Manuale per la qualità dei siti web pubblici culturali, edizione italiana a cura di Fedora Filippi, Roma: Ministero per i beni e le attività culturali, Progetto MINERVA, 2004, p. 129-172.

2] <http://www.pubbliaccesso.gov.it/normative>. Il Rapporto 2004 pubblicato dalla Commissione nei «Quaderni dell’accessibilità» del CNIPA (n. 3, novembre 2004) ospita in appendice un’analisi comparata più approfondita a livello mondiale, svolta da Patrizia Bertini (Le leggi sull’accessibilità nello scenario internazionale, p. 44-54, <http://www.cnipa.gov.it/site/_contentfiles/01378700/1378730_QuaderniAccessibilità%20-%20Il%20rapporto%202004.pdf>).

3] <http://www.innovazione.gov.it/ita/normativa/index.shtml>.

4] <http://www.governo.it/Presidenza/web/risorse.html>.

5] <http://www.webaccessibile.org/argomenti/area.asp?id=6>. Al di fuori delle iniziative italiane, si segnala anche l’appendice normativa delle linee guida Accessibilità for disabled people del progetto Calimera (Cultural Applications: Local Institutions Mediating Electronic Resource Access), nato nell’ambito dell’IST Project: <http://www.calimera.org/Lists/Guidelines%20PDF/Accessibility_for_disabled_people.pdf>.

6] Cfr., rispettivamente, la Informations und Kommunikationsdieste Gesetz del 1997, costituita da undici articoli che rappresentano altrettanti testi legislativi autonomi relativi ai vari aspetti della comunicazione per via informatica, cui oggi però si aggiunge la Bundesbehindertengleichstellungesetz operativa dal 1° maggio 2002; il Disability Discrimination Act del 1995.

7] Si tratta della Loi n° 2005-102 du 11 février 2005 pour l’égalité des droits et des chances, la participation et la citoyenneté des personnes handicapées.

8] Cfr., rispettivamente, le Risoluzioni del Consiglio dei Ministri n. 96 del 1999, Iniciativa Nacional para os cidadãos com necessidades especiais na Sociedade da Informação, n. 97 dello stesso anno, Acessibilidade dos sitios da administração publica na Internet pelos cidadãos com necessidades especiais, e n. 110 del 2003,Plano Nacional para a participação dos cidadãos com necessidades especiais na Sociedade da Informação; la Ley 51/2003, de 2 de Diciembre, de igualdad de oportunidades, no discriminación y accesibilidad universal de las personas con discapacidad, approvata il 2 dicembre 2003 dal governo spagnolo, che richiede ai siti web della pubblica amministrazione iberica di adeguarsi alle raccomandazioni del W3C (adeguamento previsto del resto anche altrove, come in Germania dalla Barrierefrei Informationstechnik Verordnung del 24 luglio 2002); le Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici (la cosiddetta Legge Stanca, n. 4 del 9 gennaio 2004).

9] Cfr. Patrizia Bertini, Le leggi sull’accessibilità nello scenario internazionale, cit., p. 53.

10] Il dato è tratto da Global e-Government Full Report 2003, realizzato dal prof. Darrell West della Brown University, Rhode Island, USA: <http://www.insidepolitics.org/egovt03int.html>.

11] Sul Piano eEurope, cfr. <http://europa.eu.int/information_society/eeurope/2002/index_en.htm>. Si ricorda qui che, tra la prima e la seconda edizione del Manuale, è stato pubblicato sul sito del Consorzio W3C il W3C Working Draft delle Web Content Accessibility Guidelines 2.0 (<http://www.w3.org/TR/WCAG20/>, ultimo aggiornamento 30 giugno 2005).

12] Cfr. Tito Ballarino, Internet nel mondo della legge, Padova: CEDAM, 1998, alle cui riflessioni si ispirano alcune delle considerazioni che seguono (si cita da p. 51).

13] Una presentazione del progetto è sul sito <http://www.eiao.net/>.



 
 
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